“Altro che vittoria schiacciante della sinistra: l’uscita di scena del Cavaliere ha favorito in realtà il consolidamento di un’unica vastissima destra".

"La sinistra può oggi finalmente governare e può distribuire un bonus di ottanta euro al proprio bacino elettorale; ma può farlo solo rinunciando a se stessa e intestandosi il programma altrui”.


“Nata solo dopo il 1945, alla fine della Guerra fredda la democrazia cessa perciò di esistere nella sua figura moderna e ne prende una postmoderna. Per poi assumere nuove forme sempre più ‘autoritarie’ [...] Nella semicolonia statunitense di lingua italiana la democrazia è dunque in via di cessazione. E la deriva della sinistra ne è da tempo l’accompagnamento spensierato”.

“La democrazia ha un inizio ma purtroppo, come tutto ciò che è nella storia, può anche avere una fine e deperisce subito quando i rapporti di forza in una società sono eccessivamente squilibrati. E quando, di conseguenza, le parti più forti prevalgono in maniera schiacciante sulle altre [...] Senza nessun bisogno di chiamare in causa la P2 o chissà quali trame oscure, ciò che sta avvenendo è la normalità del programma e della prassi politica liberale nel momento in cui gli interessi delle classi dominanti non trovano più un’efficace risposta nel conflitto organizzato e consapevole delle classi subalterne”.

lunedì 8 dicembre 2014

Tra la sconfitta della sinistra e Renzi-Bonaparte

Stefano Azzarà - “Democrazia cercasi” su La Gazzetta del Sud


Dalla Gazzetta del Sud 4 settembre 2014.
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Il saggio del messinese Stefano Azzarà

Tra la sconfitta della sinistra e Renzi-Bonaparte
Francesco Musolino



«La democrazia ha un inizio ma purtroppo, come tutto ciò che è nella storia, può anche avere una fine». Lo studioso d’origini messinesi Stefano G. Azzarà nel suo ultimo libro “Democrazia Cercasi. Dalla caduta del Muro a Renzi: sconfitta e mutazione della sinistra, bonapartismo postmoderno e impotenza della filosofia in Italia” (Imprimatur Editore, pp. 336) in un dialogo aperto con il lettore, s’interroga circa lo stato di salute della democrazia in Italia, in un periodo storico segnato dalla tecnocrazia imposta dai dettami economici europei, col rischio di tendenze autoritaristiche favorite dallo svuotamento della partecipazione politica. Azzarà – già allievo all’università di Messina del prof. Girolamo Cotroneo e oggi docente di Storia della filosofia politica all’Università di Urbino – presenterà il suo libro a Messina, lunedì alle 18 al Feltrinelli Point, dialogando col prof. Federico Martino e il consigliere comunale di Messina Gino Sturniolo.

Professore, cos’è successo alla sinistra italiana dopo la caduta di Berlusconi?
«Certamente il governo di Silvio Berlusconi era logoro politicamente ma le dinamiche della sua caduta sono il frutto di pressioni anomale e convergenti, tanto nazionali che internazionali. La decadenza della sinistra italiana comincia alla fine degli anni 80 e oggi abbiamo di fronte la sua naturale evoluzione; del resto l’attuale programma del Pd è molto più a destra di quello di Forza Italia nel ’94».
Nel suo libro afferma che la democrazia è in pericolo. Perché?
«Mi riferisco alla democrazia moderna, ovvero quel regime in cui viviamo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, segnato da diritti civili, garanzie formali e l’attiva partecipazione popolare. Ma negli ultimi trent’anni abbiamo assistito allo smantellamento progressivo dello stato sociale con la fine dei suddetti diritti, ponendo fine all’uguaglianza dei cittadini sul piano formale e il progressivo rafforzamento del potere esecutivo del governo a scapito del Parlamento e della rappresentanza popolare».
Lei definisce Matteo Renzi la “Bestia” che è stata a lungo evocata dal mondo politico.
«Il successo carismatico di Renzi rientra in un generale processo di personalismo, di bonapartizzazione della vita politica italiana, cominciato con Berlusconi. Se durante le primarie del Pd, le alte sfere del partito erano fortemente avverse al renzismo, oggi tutti sono stati cooptati. Ciò è stato possibile perché Renzi non segna affatto un cambiamento, anzi, il suo avvento è stato preparato nel corso di vent’anni; del resto è l’erede di una serie di politiche di stampo neo-liberale approvate anche dalla sinistra già a partire dal primo governo Prodi».
In quest’ottica lei è preoccupato per l’avvenire?
«La fine della democrazia moderna non significa necessariamente l’avvento d’un regime autoritario. Tuttavia siamo già immersi in un nuovo modello democratico in cui gli spazi di rappresentanza delle istanze sociali diminuiscono e diventa sempre più forte il ruolo dell’esecutivo, guidato da istanze tecnocratiche».

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