Possiamo ancora parlare di democrazia in Italia? Mutamenti imponenti hanno
svuotato gli strumenti della partecipazione popolare, favorendo una forma
neobonapartistica e ipermediatica di potere carismatico e spingendo molti
cittadini nel limbo dell’astensionismo o nell’imbuto di una protesta rabbiosa e
inefficace. Al tempo stesso, in nome dell’emergenza economica permanente e della
governabilità, gli spazi di riflessione pubblica e confronto sono stati
sacrificati al primato di un decisionismo improvvisato.
Dietro questi cambiamenti c’è però un più corposo processo materiale che dalla fine degli anni Settanta ha minato le fondamenta stesse della democrazia: il riequilibrio dei rapporti di forza tra le classi sociali, che nel dopoguerra aveva consentito la costruzione del Welfare, ha lasciato il campo ad una riscossa dei ceti proprietari che nel nostro paese come in tutto l’Occidente ha portato ad una redistribuzione verso l’alto della ricchezza nazionale, alla frantumazione e precarizzione del lavoro, allo smantellamento dei diritti economici e sociali dei più deboli. Intanto, nell’alveo del neoliberalismo trionfante, si diffondeva un clima culturale dai tratti marcatamente individualistici e competitivi. Mentre dalle arti figurative alla filosofia, dalla storia alle scienze umane, il postmodernismo dilagava, delegittimando i fondamenti e i valori della modernità – la ragione, l’eguaglianza, la trasformazione del reale… - e rendendo impraticabile ogni progetto di emancipazione consapevole, collettiva e organizzata.
É stata la sinistra, e non Berlusconi, il principale agente responsabile di questa devastazione. Schiantata dalla caduta del Muro di Berlino assieme alle classi popolari, non è riuscita a rinnovarsi salvaguardando i propri ideali e si è fatta sempre più simile alla destra, assorbendone programmi e stile di governo fino a sostituirsi oggi integralmente ad essa. Per ricostruire una sinistra autentica, per riconquistare la democrazia e ripristinare le condizioni di una vasta mediazione sociale, dovremo smettere di limitare il nostro orizzonte concettuale alla mera riduzione del danno e riscoprire il conflitto. Nata per formalizzare la lotta di classe, infatti, senza questa lotta la democrazia muore.
Dietro questi cambiamenti c’è però un più corposo processo materiale che dalla fine degli anni Settanta ha minato le fondamenta stesse della democrazia: il riequilibrio dei rapporti di forza tra le classi sociali, che nel dopoguerra aveva consentito la costruzione del Welfare, ha lasciato il campo ad una riscossa dei ceti proprietari che nel nostro paese come in tutto l’Occidente ha portato ad una redistribuzione verso l’alto della ricchezza nazionale, alla frantumazione e precarizzione del lavoro, allo smantellamento dei diritti economici e sociali dei più deboli. Intanto, nell’alveo del neoliberalismo trionfante, si diffondeva un clima culturale dai tratti marcatamente individualistici e competitivi. Mentre dalle arti figurative alla filosofia, dalla storia alle scienze umane, il postmodernismo dilagava, delegittimando i fondamenti e i valori della modernità – la ragione, l’eguaglianza, la trasformazione del reale… - e rendendo impraticabile ogni progetto di emancipazione consapevole, collettiva e organizzata.
É stata la sinistra, e non Berlusconi, il principale agente responsabile di questa devastazione. Schiantata dalla caduta del Muro di Berlino assieme alle classi popolari, non è riuscita a rinnovarsi salvaguardando i propri ideali e si è fatta sempre più simile alla destra, assorbendone programmi e stile di governo fino a sostituirsi oggi integralmente ad essa. Per ricostruire una sinistra autentica, per riconquistare la democrazia e ripristinare le condizioni di una vasta mediazione sociale, dovremo smettere di limitare il nostro orizzonte concettuale alla mera riduzione del danno e riscoprire il conflitto. Nata per formalizzare la lotta di classe, infatti, senza questa lotta la democrazia muore.
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Indice
Premessa
«Rinnovamento» della sinistra o spostamento a destra?
Capitolo
primo
La
lotta di classe dei ricchi. Dalla democrazia moderna al bonapartismo
postmoderno: la rivincita delle élites
nella crisi italiana
1.
Una modesta proposta (bipartisan):
smantellare
le istituzioni democratiche?
2.
Il centrosinistra italiano e tanta coda di paglia
3.
Dalla critica dei partiti all’antipolitica:
la
delegittimazione della democrazia in Italia
4.
Dalla subordinazione alla democrazia moderna:
l’ascesa
del mondo del lavoro
5.
Vittoria e declino del mondo del lavoro
6.
Restaurazione
7.
Democrazia o bonapartismo?
8.
La fine della Guerra Fredda:
la
restaurazione neoliberale e il ruolo dell’ex Pci
9.
La deriva maggioritaria dell’ex Pci
10.
La sinistra italiana dalla democrazia al neoliberalismo
11.
Antifascismo storico e
Antiberlusconismo
come antifascistismo
12.
Democrazia integrale come espressione formalizzata
del
conflitto
13.
Liberalismo, neoiberalismo e torsione bonapartistica
delle
forme democratiche
Capitolo
secondo
Crisi
della cultura di massa, postmodernismo e
necessità della menzogna
1.
Involgarimento della cultura?
2.
Società di massa e cultura di massa
3.
Genesi del postmodernismo e pensiero
della
libertà individuale
4.
La catastrofe del Novecento e la critica della modernità
5.
Progetto moderno e costruzione del concetto di uomo
6.
Catastrofe del Novecento, denuncia della ragione emancipazionista e
contestazione della tradizione democratico-rivoluzionaria
7.
Grandi narrazioni, storia e potere
8.
Storiografia postmoderna, dialettica e potere
9.
Rovesciamento del postmodernismo:
dall’”individualismo”
al primato della forza
10.
Postmodernismo e restaurazione neoliberale
11.
Libertà privata e libertà politica
12.
Distruzione della verità, ermeneutica dell’opinione
e
paralisi dell’azione politica
13.
Conclusione: postmodernismo come
apologia
dell’esistente e filosofia come edificazione
Capitolo
terzo
Ermeneutica,
«Nuovo Realismo» e trasformazione della realtà. Una
radicalizzazione incompiuta per la filosofia italiana
1.
Realismo come contemplazione dell’esistente?
2.
Ermeneutica ed emancipazione immaginaria
3.
Realismo, nominalismo e rapporti di forza
nella
sfera ideologica
4.
La svolta inavvertita dell’ermeneutica verso
il
“secondo realismo”
5.
Una radicalizzazione incompiuta
Conclusione
Tenere
vivo il conflitto per mantenere aperto l’orizzonte della
democrazia e dell’alternativa
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